Italia: un Paese pieno di case… vuote
Un nuovo studio IFEL fotografa l’Italia: 9,6 milioni di abitazioni non occupate, pochissima edilizia sociale e un mercato immobiliare bloccato. Mentre si discute di limitare Airbnb e Booking, la vera emergenza abitativa è sotto i nostri occhi

L’Italia è, da sempre, il Paese dei proprietari. Il sogno della casa di proprietà è scritto nel DNA culturale, trasmesso di generazione in generazione.
Eppure, mai come oggi, questa abbondanza è diventata una contraddizione gigantesca.
Secondo l’ultimo studio IFEL (Fondazione per la Finanza Locale dell’ANCI), il 27,3% delle abitazioni italiane risulta non occupato.
Parliamo di oltre 9,6 milioni di case vuote, su circa 35 milioni censite.
Un numero tre volte superiore alla Francia (7,8%) e sei volte quello della Germania (4,4%).
Queste case non sono solo seconde residenze al mare o in montagna: spesso sono immobili ereditati, lasciati lì “perché non si sa cosa farne”, oppure appartamenti vuoti per paura di morosità o per la totale assenza di incentivi fiscali a metterli a reddito.
Molta proprietà, pochissimo affitto, edilizia sociale ai minimi storici

Il modello italiano è chiaro: tantissimi proprietari, pochissimi inquilini, pochissima edilizia sociale.
La Francia investe da decenni in politiche pubbliche per la casa, creando una quota strutturale di alloggi a canone calmierato.
La Germania ha un mercato privato dell’affitto dinamico, regolamentato e sicuro.
L’Italia? Ha scelto di non scegliere. Risultato: il mercato immobiliare è statico e spaventato, incapace di rispondere alle nuove forme di domanda.

E intanto… si punta il dito sugli affitti brevi
Invece di affrontare le vere cause della crisi abitativa, il dibattito politico e mediatico si concentra solo sugli affitti brevi: limiti notti, registri regionali, nuove tasse, codice identificativo nazionale (CIN), divieti e annunci roboanti.
Ma la matematica non è un’opinione:
Gli affitti brevi in Italia rappresentano circa il 4% dello stock abitativo totale.
👉 Le case sfitte sono oltre il 27%.
È evidente che il problema non sono 4 case su 100 destinate al turismo, ma le 27 su 100 lasciate vuote.
Questa è la vera bomba abitativa. Eppure, mentre si colpisce e si umilia il piccolo proprietario, tacciandolo di speculazione, manca completamente una politica attiva di incentivo al riuso.
Perché tante case restano sfitte?
- Paura di morosità e burocrazia: in Italia non esiste ancora una tutela adeguata, facilie e certa per i proprietari in caso di mancato pagamento. Le procedure di sfratto durano molto e costano.
- Immobili vetusti: molti appartamenti, specie nei piccoli borghi, richiedono lavori importanti prima di poter essere messi sul mercato.
E se parte della soluzione fossero proprio gli affitti brevi?
Gli affitti brevi italiani possono diventare:
- Un modo per rimettere sul mercato immobili sottoutilizzati, senza vincoli pluriennali.
- Una forma flessibile di locazione per chi ha paura di contratti lunghi.
- Un motore di rigenerazione urbana nei borghi e nei centri storici dimenticati.
- Uno strumento per finanziare la manutenzione degli immobili, grazie a entrate extra.
Inoltre, le piattaforme digitali oggi offrono strumenti sempre più avanzati di automazione affitti brevi, self check-in, remote check-in, strategia dinamica dei prezzi, marketing integrato e visibilità globale.
Proposte concrete per cambiare rotta
Se davvero si vuole affrontare il problema abitativo, servono politiche intelligenti, non slogan. Alcune idee:
- 🏘 Utilizzare una parte della tassa di soggiorno per costruire o riqualificare edilizia pubblica e convenzionata.Non parliamo dei “palazzoni popolari” anni ’70, ma di edilizia sostenibile, integrata, moderna, come si fa oggi in Austria o nei Paesi Bassi.
- 💰 Incentivi fiscali per chi rimette sul mercato case sfitte. Sgravi IMU e cedolare agevolata per chi affitta in modo regolare, anche tramite locazione turistica.
- 🧾 Garanzie reali per i proprietari.Un sistema nazionale di garanzie sugli affitti, per evitare il timore della morosità.
- 🧠 Snellire la burocrazia.Oggi aprire un’attività di locazione turistica significa destreggiarsi tra SCIA, CIN, Alloggiati Web, ISTAT, tassa di soggiorno e normative regionali. Serve una procedura unica e chiara
Conclusione: la vera sfida non è vietare, ma sbloccare
Se continuiamo a combattere “il cattivo Airbnb” e a ignorare le 9,6 milioni di abitazioni vuote, non risolveremo nulla.
Il mercato immobiliare italiano è fermo, spaventato, rigido. Ma non è irrecuperabile.
Serve una politica abitativa moderna, che unisca edilizia pubblica, incentivi privati e affitti brevi intelligenti.
Solo così potremo rispondere alla domanda crescente di studenti, famiglie, nomadi digitali, ospiti business e turismo bleisure senza sacrificare nessuno.
FAQ
Quante case vuote ci sono in Italia nel 2025?
Oltre 9,6 milioni, pari al 27,3% dello stock abitativo.
Gli affitti brevi sono la causa della crisi abitativa?
No. Rappresentano circa il 4% dello stock, mentre le case vuote sono il 27%.
Perché molti proprietari non affittano a lungo termine?
Per paura di morosità, burocrazia e mancanza di incentivi.
Come possono aiutare gli affitti brevi?
Permettono di rimettere in circolo immobili in modo flessibile e sostenibile, generando reddito e turismo diffuso.
Che politiche servono?
Incentivi fiscali, edilizia sociale moderna, snellimento burocratico e regole chiare.
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